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Zombie apocalypse

Curiosamente, il titolo su questa locandina include l'ormai abusatissimo anno 2012.

Curiosamente, il titolo su questa locandina include l’ormai abusatissimo anno 2012. Chissà perchè.

[Krocodylus, Nehovistecose]

Di: Nick Lyon
Con: Ving Rhames, Taryn Manning, Johnny Pacar, Eddie Steeples

Maledetti, per un momento ci eravamo cascati! I primi minuti di questo Zombie apocalypse ci avevano quasi convinti che questo ennesimo plagio Asylum fosse davvero un bel film, non paragonabile ai capolavori di Romero, ma neppure inferiore a L’alba dei morti viventi di Snyder, in cui già recitava Ving Rhames (remake che a chi scrive non è piaciuto per niente). Ma come quest’ultimo film (che iniziava con uno splendido collage di sequenze con sottofondo di Johnny Cash), anche questa produzione si caratterizza per un inizio ingannevole. Bando alle ciance, comunque. Il mondo è caduto in mano ai morti viventi, e la trama si svolge sei mesi dopo, una trovata abbastanza inutile che porterà numerose incongruenze. Tre persone vagano per una Los Angeles spettrale: sono Ramona, una bionda insopportabile, il suo amico Kevin ed Eddie Steeples, più noto al grande pubblico come Gamberone di My name is Earl. I tre (anzi, i due, chè Kevin si fa ammazzare subito senza opporre alcuna resistenza) incontrano un gruppo di sopravvissuti: insieme a loro decidono di dirigersi all’Isola di Santa Catalina dove, stando alle informazioni in loro possesso, ci sono ancora dei sopravvissuti. Il viaggio dei nostri eroi non è per niente facile: gli zombi sono sempre in agguato; questi morti viventi sono molto strani, alcuni corrono, alcuni stanno fermi, tendono agguati e sembrano intendersi di strategia militare. Il gruppo se la cava anche grazie all’incontro con degli arcieri, ma alcuni di loro cadranno in battaglia. Il finale, un crescendo rossiniano di assurdità, vede i superstiti aspettare la nave che dovrebbe venire a prenderli e intanto combattere con delle tigrone zombie fatte malissimo. Alla fine la nave arriva e…non vi sveliamo come finisce, non è niente di eccezionale, ma ci ha lasciato un pò l’amaro in bocca, dalla Asylum ci aspettavamo di meglio.
Quasi ogni film Asylum è la risposta a qualcosa: Zombie apocalypse si ispira abbondantemente a L’alba dei morti viventi di Snyder e a The Walking Dead. Avremmo voluto vedere una versione tarocca di quest’ultimo, ma purtroppo Nick Lyon si limita a copiare qualche personaggio: il giovane timido smilzo ma agile (Glenn) e soprattutto la ragazza di colore che usa la katana, un pò forzata in un film in cui lo spessore dei personaggi è pari a zero. Il cast si divide tra attori discreti (il sempre bravo Ving Rhames e Eddie Steeples) e monoespressivi catatonici (quasi tutti gli altri): segnaliamo per curiosità che il capo degli arcieri è molto somigliante a Rafael Benitez, e come lui fa l’allenatore anche nel film. Le attrici sono tutte scelte tra gruppi di modelle di varia nazionalità, chissà perchè nelle apocalissi di questo tipo non si salvano mai bruttone brufolose e sovrappeso. Detto del cast, passiamo alla sceneggiatura: Lyon decide di far passare sei mesi dallo scoppio dell’infezione al presente. Perchè mai? Non ha alcuna utilità di trama, tant’è che molti film di zombi sono ambientati pochi giorni dopo l’apocalisse! In compenso, il dato aumenta di molto la puerilità della storia: chi ha tagliato l’erba in quei sei mesi, dato che tutti i prati presentano un taglio all’inglese perfetto? Com’è possibile che in tutto quel tempo l’unico danno agli edifici sia una colonnina di fumo in CGI che sale dai grattacieli? E soprattutto, perchè alcuni zombi sono giustamente decomposti e altri sono freschi come una rosa? Oltretutto i personaggi si comportano come se la situazione fosse una cosa nuova per loro, mentre, come  ammettono in più parti del film, sono mesi che ammazzano zombi a spasso per l’America.
A proposito di zombi: il make-up non è malaccio, alcune comparse hanno delle maschere indegne e sono truccate solo dal collo in su, ma nel complesso il trucco si può anche promuovere. Resta da capire perchè si siano aggiunti dei boss in stile videoludico, tipo il culturista zombi alto tre metri, ma vabbè, non chiediamo troppo. Concentriamoci invece sulla scena che ha lasciato perplesso chiunque abbia visto il film. Sto parlando delle tigri. Noi stavamo guardando il film, con i personaggi, i morti viventi, qualche scena simil-sentimentale…eravamo tranquilli, ed ecco che il regista, preso da chissà quale trip di acidi, ci piazza le tigri, o almeno quelle che sembrano tigri: due animali storpi, gobbi e sformati, vagamente somiglianti appunto a tigri o ghepardi, arrivati da chissà dove e realizzati con una grafica digitale decisamente peggiore a quella usata nel resto del film. Peraltro la scena ha il solo effetto di sfoltire il gruppo e occupare cinque minuti. Ci ha lasciati esterrefatti. Nel complesso un film non eccezionale, in bilico tra l’esagerazione trash e il desiderio di mantenere una patina di serietà. Si lascia guardare, comunque.

Produzione: USA (2011)
Scena madre: quella delle tigri, ovviamente.
Punto di forza: la volontà della Asylum di alzare l’asticella della qualità è encomiabile. Se mi ci metti le tigri zombi, però, tanto vale.
Punto debole: è discretamente noioso, e le scene migliori iniziano ad arrivare da metà film in poi.
Potresti apprezzare anche…: Automaton transfusion.
Come trovarlo: incredibilmente, Zombie apocalypse è stato distribuito IN ITALIANO! Succede molto raramente con i film della Asylum, e quando capita lo segnaliamo volentieri!

Un piccolo assaggio: (un documentario sulla realizzazione, purtroppo solo in inglese. Per chi mastica un pò la lingua, è davvero interessante)

2,5

Vampires VS Zombies

WTF?!?

[Krocodylus1991, Nehovistecose]

Di: Vince D’Amato
Con: Bonny Giroux, C.S Munro, Maritama Carlson, Peter Ruginis

L’accoppiata vampiri-lesbiche è tipica dell’horror di serie Z, come dimostra un titolo inequivocabile qual’è Vampiros lesbos di Jesus Franco. Ma Vince D’Amato non è tipo da accontentarsi, ed ecco che ci aggiunge gli zombi. Domanda: che c’azzeccano i morti viventi con i nipotini di Dracula? Risposta: in questo genere di film bisogna accettare qualsiasi cosa senza interrogarsi sui motivi o su spiegazioni più o meno razionali. Vampires VS Zombies ha una delle trame più intricate e senza senso che si siano mai viste, e pertanto ci limiteremo ad elencare alcuni fatti. Cominciamo con due tizi in macchina, Travis e Jenna: lui è un distinto signore pelato, lei una mezza matta che sembra Laurie Holden da giovane e sorride sempre, soprattutto nei momenti più inopportuni. Pur avendo al massimo tre o quattro anni di differenza, i due sono padre e figlia, e vanno non si sa dove. Vedendo un ridicolo zombi con la faccia nera in mezzo alla strada, invece di evitarlo, cosa che potrebbero fare facilmente data l’incredibile lentezza dei non morti, lo centrano in pieno con uno splendido effetto-manichino di gomma. La radio parla di un’epidemia dai chiari tratti zombeschi. Si fermano e una signora, con una poveretta imbavagliata in auto, gli affida la figlia Carmilla. Ma così, a caso, o almeno credo. I tre vanno in una stazione di servizio dove succede di tutto e di più: il titolare (occhio al portachiavi da venticinque chili) viene vampirizzato ma si comporta come uno zombi, una ragazza di nome Bob consegna a Jenna un amuleto, Bob e il titolare vengono uccisi non si sa da chi. Poi viene introdotto questo burino texano chiamato il Generale, che apprendiamo essere amico di Travis grazie a una telefonata, e che ha un piano concordato con lui. Il tizio s’imbarca in macchina la sorella di Carmilla, che si spaccia per lei, ma non lo è, però è un vampiro e viene uccisa ma allora perchè è successo tutto questo, mah, che ne so (ho bisogno di una vacanza). Poi Jenna e Carmilla offrono un paio di lesbicate, Jenna viene vampirizzata, così sembra, e fa dei sogni assurdi sulla madre di Carmilla vestita di bianco e un dottore con una siringa gigante che poi viene trovato squartato nella vasca da bagno di non so quale casa (guardate bene il fantoccio!). L’incomprensibile pastrocchio va avanti così per un pò, fino a scoprire che la figlia del Generale è stata semi-accoppata da Travis. Il Generale prima gli pianta un paletto nel cuore (ma dopo cinque minuti Travis non reca traccia della ferita!), poi cambia idea, ammazza la figlia e decide di uccidere Carmilla. Ma Jenna è più furba e fa fuori padre e Generale, vogliosa di copulare con la sua compagna vampira. Ma ecco che tornano gli zombi, dimenticati dal quindicesimo minuto circa e riapparsi così a caso, che sventrano le due. Presa per il culo suprema: una voce finale fuori campo che dice “quando furono chiamati, resuscitarono”. Tralasciamo le scene del manicomio, il siparietto del militare-zombi e altre amenità.
Il nome Asylum tra i distributori (ma c’è dibattito su questo dato) non faccia pensare a una tamarrata in CGI. Semplicemente, questo film non ha senso. Il regista si prende dannatamente sul serio e gioca le carte più abusate: confusione sogno-realtà, un paio di scene che vorrebbero essere erotiche ma lo sono quanto un documentario sull’asciugatura della vernice, colpi di scena indubbiamente non telefonati (sono inseriti a caso, come potremmo prevederli?) e splatter da due soldi, con le facce degli zombi pitturate (male) con la tempera nera e gli organi interni fatti di pongo, mentre il sangue è probabilmente ketchup. La cosa che lascia perplessi è l’assoluta impassibilità dei protagonisti di fronte a determinati eventi: l’esistenza dei vampiri e degli zombi è accettata come fosse di routine, ma allora perchè tutti quei commenti allarmati alla radio? Implausibile, oltretutto, il clima apocalittico che D’Amato vorrebbe creare; mentre gli speaker diffondono notizie catastrofiche di epidemie e contagi, la vita scorre normalissima intorno ai personaggi, tant’è che le stazioni di servizio sono aperte, il servizio di polizia funziona e le macchine viaggiano tranquillamente insieme alla famiglia di Jenna. Anche il richiamo al romanzo Carmilla di Le Fanu è pretestuoso: i punti in comune sono vicini allo zero, e la trama è totalmente diversa. L’interpretazione degli attori non incoraggia: a parte la squinternata Jenna, tutti recitano come robot, non esprimendo alcuna emozione neppure quando si uccidono fra loro. Un esempio clamoroso è quello della poliziotta: questa donna insinuante si beve tutte le bufale di Travis senza muovere un sopracciglio, e usa lo stesso tono di voce sia per accusare i tre sia per offrirgli aiuto con il motore.
Facciamo così: se qualcuno riesce a spiegarci la trama nella sua interezza, lo scriva qui sotto nei commenti. Gli offriamo una pizza e una bibita a scelta.

Produzione: USA (2004)
Scena madre: uno zombi che fa una fatica del diavolo per uscire da una grata e perde il caschetto giallo da cantiere. Disinvolto, lo rimette in testa (ma che je frega a uno zombi del casco?) appena in tempo per farsi investire dal Generale.
Punto di forza: non riuscirete a prevedere la successione degli avvenimenti. In un certo senso, è un film tutt’altro che scontato.
Punto debole: l’assenza di scene forti, che lo rende tutto sommato abbastanza noioso.
Potresti apprezzare anche…: Alien VS Hunter, ma solo per il VS nel titolo.
Come trovarlo: in DVD, ma non l’abbiamo mai visto in nessun negozio. Conviene ordinarlo.

Un piccolo assaggio: (l’assurdo scontro tra il Generale e la vampira!)

Abraham Lincoln VS Zombies

This…is…GETTYSBURG!

Di: Richard Schenkman
Con: Bill Oberst Jr., Jason Vail, Baby Norman, Don McGraw

La Asylum torna a colpire, e stupisce tutti! Con il solito budget risicato di centocinquantamila dollari, David Michael Latt e soci sfornano un capolavoro horror-trash destinato a lasciare il segno, mockbuster del più celebre A. L. Vampire hunter. Ebbene, dopo solo un centinaio circa di tentativi, la nostra casa di produzione preferita ha sfornato un film gradevole, divertente e per nulla noioso. L’elemento trash è sempre presente, a livelli vertiginosi, e non mancano barbe finte, costumi d’epoca e anacronismi di cui poi diremo. Ma sono le idee di fondo ad essere geniali, valorizzate dalla recitazione di Baby Norman e di Bill Oberst Jr. nei panni di Lincoln (di una bravura impressionante). Siamo nel 1863, e infuria la Guerra di Secessione; dopo la battaglia di Gettysburgh, un soldato torna da una missione di conquista di un fortino trasformato in zombie. Abe Lincoln, che da piccolo ha dovuto uccidere la madre ormai infetta, sa bene di cosa si tratta, e decide di investigare di persona. Aiutato da 12 soldati pronti a morire (vi ricorda qualcosa…?), si reca al forte, e scopre che la zona è infestata da centinaia di strani zombi; dico strani, perchè a meno di non fare un sacco di rumore o di non mettersi a venti centimetri dalle loro bocche non si filano nessuno dei protagonisti. A questo punto, si rende necessaria un’alleanza con il locale personale sudista, tra cui il celeberrimo generale Stonewall Jackson e nientemeno che Pat Garrett (!), contro il comune nemico. La parte centrale del film, pur non annoiando mai, è un pò ripetitiva: i nostri eroi entrano ed escono dal forte, raccattano tre ragazze e un bambino di nome Theodore Roosevelt (ma perchè mai? All’epoca aveva cinque anni!). Nel gruppo c’è pure una vecchia fiamma di Abe Lincoln, pensa te che combinazione, insieme alla figlia, che pare sua coetanea. La soluzione finale è relativamente banale: attirare tutti gli zombi nel forte e poi far saltare tutto. L’espediente permette però a Lincoln e al grandioso soldato di colore Brown (ma per favore!) di effettuare un epico salto con dietro l’esplosione al ralenti. Finita qui? Manco per sogno! Lincoln si esibisce in un retoricissimo discorso sull’uguaglianza e sul rispetto per le persone morte nella battaglia (anche se presumibilmente si guarderà bene dal dire la verità sugli zombi…). Finale a sorpresa…
Mai, in una produzione Asylum, si erano visti degli attori tanto convinti nel loro ruolo. A parte il bravissimo protagonista, neppure gli altri sfigurano. Gli effetti speciali non si discostano molto dalla tradizione: la Whashington ricostruita in digitale nun se pò guardà, gli zombi sono fatti alla bell’e meglio e gli schizzi di sangue sono più finti di una banconota da 7 euro. particolarmente divertente la barba di Stonewall Jackson, appiccicata con la colla vinilica al viso giovanile del protagonista, che, coperto di bandiere sudiste su cappelli e divise, pare uscito dal Carnevale di Viareggio. Ma la sorpresa sono Lincoln e i suoi: a parte la scontata presenza di un traditore, uno stronzetto supponente e razzista, spiccano le personalità del Presidente e della sua “sporca dozzina”: se pensavate che un politico della sua statura fosse soprattutto un uomo di pensiero, vi sbagliavate. Lincoln, armato di una fantastica falce a serramanico che usa come una scimitarra, è una macchina da guerra e guida un plotone di cazzutissimi duri e puri che non avrebbero sfigurato in un film della serie Die Hard. Grazie alle sue capacità guerresche, il Presidente può permettersi inverosimili acrobazie al ralenti e scene d’azione assurde per la paciosità degli zombi contrapposta alla foga dei vivi. Qualcuno preferisce la componente splatter alle riflessioni politiche e umane? Nessun problema: il film è un tripudio di teste mozzate, squarci aperti a caso sul collo e nel torace dei non morti, fiotti di sangue in CGI e sparatorie che si trasformano in vere e proprie carneficine. Insomma, Abraham Lincoln VS Zombies, che già solo per un titolo così meriterebbe un voto a parte, ha tutto quel che serve per farsi guardare: una trama originale, attori convintissimi, splatter, la giusta dose di comico involontario. Buona visione!

Produzione: USA (2012)
Scena madre: senza dubbio l’esplosione finale con Lincoln e Brown che, novelli Bruce Willis, saltano al ralenti. Una sola parola: EPICO!
Punto di forza: vogliamo sperare che questo sia il nuovo corso della Asylum: maggiore cura nella forma e trame sempre più assurde. Promosso.
Punto debole: la parte centrale si poteva sviluppare meglio, così da renderla meno ripetitiva. Comunque, non è un difetto grave e il film scorre lo stesso.
Potresti apprezzare anche…: un qualsiasi film della Asylum!
Come trovarlo: e qui siamo al vero problema; il film è reperibile soltanto in inglese, e i sottotitoli in italiano ancora latitano. In ogni caso, basta un’infarinatura per comprendere i semplici dialoghi.

Un piccolo assaggio: (è una figata!)

Alien abduction

L'alieno è quella specie di capra blu. Rendiamoci conto...

[Krocodylus1991, Eltigre]

Di: Eric Forsberg
Con: Megan Mee Ethridge, Griff Furst, Marissa Morse

La Asylum raschia il fondo del barile, raccoglie l’ultima immondizia e con l’unto che rimane sul fondo ci fa un capolavoro di fantascienza trash! Dopo averlo visto, persino gli ufologi più intransigenti abbandoneranno lo studio dei rapimenti alieni. Trattasi, in questo caso, di un rapimento multiplo: le vittime sono quattro insopportabili campeggiatori, infoiati e stupidi, che una notte vedono alcuni cani feroci vicino alla loro macchina. Poco dopo, si ritrovano a bordo dell’astronave, le cui pareti denonano vastissime conoscenze tecnologiche: sono infatti costruite con decine di sacchi della spazzatura neri, del tipo di quelli che usiamo per gettare l’umido. A tre di loro vengono estratti gli intestini da alieni incredibilmente simili a Skeletor, la nemesi storica di He-Man. Ma non è la conquista di Grayskull l’obiettivo principale dei ridicoli ET; infatti, dopo aver torturato e reso simil-zombie tre di loro, affidano il quartetto a un ospedale militare, creato appositamente per i rapiti. Il suddetto ospedale ha qualcosa di meraviglioso: è in pratica costituito da un capannone fatiscente e quasi certamente in via di demolizione, con pareti crollate, mattoni in procinto di staccarsi, calcinacci e sacchi di monnezza peggio che a Napoli. Nel campionario di casi umani lì presenti, solo la protagonista sembra dotata di cervello, tanto da superare il delirante test iniziale (testuale: prima il dottore le fa sentire Mozart, poi un rumore di macchina; lei non lo riconosce e l’altro “ah, sì, anche io preferisco il jazz”). Resasi conto che le “cure” dei dottori sono effettuate con un frullatore a immersione (avete presente quando si tritano le verdure nella minestra? Ecco, quell’attrezzo lì) che spappola i cervelli, la ragazza diventa meglio di Milla Jovovich in Resident Evil: prende a pedate in faccia i militari, risponde prontamente a qualsiasi domanda anche nelle situazioni di tensione, strozza a mani nude burini in divisa, seduce gli infermieri in modo patetico, infine mangia un microchip. Tra l’altro, quelli che lei colpisce sono vittime di un’inspiegabile esplosione facciale, cui segue la fuoriuscita di un verme fatto con 2 lire di computer grafica. Nel finale si scopre tutto il piano segreto degli alieni, che implica una “missione” di infiltrazione sulla Terra da parte delle copie che forse sono umane ma non del tutto ma lei ha il chip del filmato e i suoi amici sono alieni o forse no e via a sghignazzare.
Se pensavate che 2012: Supernova fosse un film realizzato con pochi soldi, allora guardatevi questo. Gli alieni sono poco più che mascheroni con l’aggiunta di qualche effetto stile Movie Maker; le locations sono quanto di più povero si possa immaginare; infine, i pochi momenti in cui ci sarebbe davvero bisogno di qualche effettaccio decente sono girati alla membro di cane muovendo la cinepresa su e giù a caso in puro stile videoclip. Già questo basterebbe per un voto più che dignitoso: ma Forsberg non è mica un pirla qualsiasi, e ci tiene a far sapere che anche la sceneggiatura, in un suo film, dev’essere coerentemente assurda e inverosimile. Il prode regista campa dentro qualsiasi cosa gli passi per la testa, dai rapimenti al caso Roswell alle leggende metropolitane sui patti tra USA e alieni, e da per scontato che qualsiasi ragazza in procinto di morire orribilmente non pensi ad altro che a filmare tutto ciò che le sta intorno. I comprimari fanno di tutto per essere all’altezza, riuscendoci egregiamente: sono stati necessari quindici minuti di pausa per riprendersi dalle risate dopo aver visto le numerose bambine copiate da The ring cantare canzoncine idiotissime tipo “riempimi! Svuotami! Fai quello che vuoi!”. Non male anche l’esercito di scienziati pazzi al soldo degli alieni, che seguono lo stile tipico con tanto di capelloni spettinati e occhiali a fondo di bottiglia. Uno di essi, prima di morire smembrato, si rende protagonista di una spettacolare masturbazione a uno Skeletor adulto, che causa inspiegabilmente la caduta di litri di sperma sulla povera protagonista. Tutti recitano senza voglia, tant’è che quando la ragazza disobbedisce alle regole i soldati, lungi dall’inseguirla, si limitano a generici “ferma” e “di lì non si può andare”.
Non certo un film per tutti, e non tanto per le numerose ma ridicole scene di violenza, quanto per l’incomprensibilità generale e il trauma che da Alien abduction potrebbe nascere. Oltretutto, far partire nel lettore questo putridume significa sorbirsi un’ora e mezza di immagini spesso non nitide e sempre fotografate con i piedi!

Produzione: USA (2005)
Scena madre: l’insopportabile nenia della addotta in sedia a rotelle. Spaventosa…
Potresti apprezzare anche…: i più brutti episodi di X-Files. Che comunque sono decisamente meglio.
Come trovarlo: Minerva Pictures!
Da guardare: per chi crede ai rapimenti alieni e vuole diventare scettico.

Un piccolo assaggio:  (guardate che povertà di mezzi…)

Countdown – Armageddon

Indovinello: secondo voi quante bombe atomiche si vedono nel film?

[Krocodylus1991 & Nehovistecose]

Di: A.F. Silver
Con: Kim Little, Russell Reynolds, Clint Browning

Mai più. Giuro solennemente, qui, ora, di non guardare mai più un film della filiale Faith. Ultimamente sto cercando di limitare i prodotti Asylum in generale, non foss’altro che per evitare di monopolizzare il blog. La Faith Films, ricordiamolo, è quella sezione della Asylum che si occupa di polpettoni religiosi, ma non cose vagamente cristologiche tipo Terminator (lo so, pare una cazzata, ma non è così escludibile): no, roba per palati forti, scritta apposta per quelle inquietanti sette evangeliche americane che costituiscono la base dell’elettorato repubblicano più bigotto. Basterà la trama di questo putridume per esprimere meglio il concetto. La protagonista è moglie di un agente della CIA. Qui parte la prima stronzatona: in America rivelare l’identità di agenti CIA è un reato grave punito con il carcere, ma lei parla del marito e dei suoi colleghi con tutti, come niente fosse. Ad ogni modo, mentre il pianeta è in subbuglio, marito e figlioletta della donna scompaiono. In un modo che più forzato non si può, l’insopportabile bionda scopre che per trovare la figlia deve recarsi in Medio Oriente, per la precisione a Gerusalemme. E perchè mai? Boh. Mentre è lì, nel giro di poche ore si instaura un Nuovo Ordine Mondiale (manco le peggiori teorie complottiste!), da cui però Israele si trae inspiegabilmente fuori. A quel punto il presidente Romano (!), con un’orazione degna di Hitler, dichiara guerra allo stato ebraico, e si suppone la vinca. Quello che succede dopo mi è ignoto; c’è di mezzo la setta dei “veri credenti”, in tutto cinque-sei imbecilli (il budget è quel che è) fanatici che non si capisce bene cosa vogliano, più un capellone inespressivo che credo rappresenti Gesù (Clint Browning, già in Megapiranha). Alla fine lei ritrova la figlia, vede un uomo a cavallo e compaiono due belle citazioni bibliche su un uomo a cavallo. Fine del film.
Ho cercato a lungo su Internet una spiegazione di ciò che avevo visto, senza trovarla. Poi, ripensandoci, e memore anche delle corbellerie apocalittiche sparate in 2012 – Doomsday, tutto è diventato più chiaro: in pratica, quando qualcosa non funziona in maniera logica, è perchè Dio ha voluto così. Facciamo qualche esempio. Un tornado dalle dimensioni impressionanti colpisce Los Angeles (effetto speciale decisamente sopra la media), ma non ci è dato sapere quali siano le conseguenze. E poi, perchè a un certo punto i “veri credenti”, oltre che dei babbei, si rivelano essere pure degli infami assassini? E com’è che quando la protagonista è in prigione viene a liberarla proprio il capellone-Gesù? Bisogna dire, però, che non è tutta colpa della Asylum: il doppiaggio italiano, infatti, è repellente: la bambina è talmente insopportabile che ad un certo punto vorresti non la si ritrovasse più, e il reparto audio è così scombinato che spesso e volentieri non si capisce che cosa dicano i personaggi.  Purtroppo, nonostante questi vergognosi espedienti di sceneggiatura, il film non è granchè. Anzi, diciamolo, fa vomitare. Si può sorridere vedendo aerei ed elicotteri in CG, o le pessime esplosioni appiccicate direttamente sui fotogrammi un tanto al chilo, ma finisce lì. Sconsigliato.

Produzione: USA (2009)
Punto di forza: sinceramente, non riesco a trovarne.
Punto debole: è noioso, incomprensibile, ideologicamente vergognoso. E non fa neppure ridere.
Come trovarlo: la Minerva Pictures, invece di distribuire capolavori tipo Mega Shark VS Crocosaurus, spende dei soldi per questa porcata. Per cui sì, lo trovate anche in italiano.
Da guardare: per seguaci delle sette evangeliche americane.

Un piccolo assaggio:  (cos’è quel conto alla rovescia? Nel film non ve n’è traccia!)

War of the worlds – L’invasione

Però la locandina è migliore di quella di Spielberg!

[Krocodylus1991 & Jacob]

Di: David Michael Latt
Con: C. Thomas Howell, Rhett Giles, Andrew Lauer, Jake Busey

Signore e signori, la nascita di un mito. Con questo film nasce ufficialmente l’Asylum-pensiero. La storia del primo, grande mockbuster ha qualcosa di epico. Prodotto sull’onda del film di Spielberg, questo film è piaciuto parecchio a Blockbuster, che ne ha ordinate 100.000 copie, sancendo ufficialmente il cambio di rotta della (fino ad allora) piccola Asylum. A dirigerlo, è Latt in persona, il fondatore. Ad interpretarlo troviamo C. Thomas Howell. Il suo nome, sconosciuto ai più, ha avuto il suo momento di gloria quando ha recitato prima in ET, poi in The Hitcher. Il buon Howell, all’epoca 40enne, interpreta lo scienziato George Herbert (l’omaggio a Wells è talmente plateale da far quasi tenerezza), con moglie ventenne e figlioletto insopportabile uguale a Dakota Fanning (si suppone l’abbiano scelto per quello) a carico. Un giorno una specie di meteora cade sulla Terra, e i marziani cominciano l’invasione. Eh, lo so, l’incipit è quello che è, il che è un peccato perchè nella prima scena si vede la moglie di Herbert completamente nuda uscire dalla doccia, e si poteva continuare così, ma vabbè. Separato dalla moglie e dal figlio, che si sono rifugiati a Washington, Howell vuole raggiungerli. A lui si unisce Kerry, unico personaggio credibile del film, un soldato sbandato che a un certo punto scompare senza un perchè, salvo riapparire per circa due minuti nel finale e morire sparato senza motivo alcuno. Ma ecco che arriva Victor, un prete ambiguissimo e scassacazzi che triturerà i testicoli dello spettatore con insopportabili pippe teologiche (senza prezzo la scena in cui consola senza il minimo tatto una superstite che ha perso tutto!) e a un certo punto sbroccherà. Una volta morto il prete per colpa dello sputo di un alieno (!), Howell riprende il cammino, arriva a Whashington, scopre che i marziani sono morti (infarto? Tumore? Vecchiaia? Mah) e ritrova moglie e figlio.
Partendo dall’assunto che già il film di Spielberg era francamente inguardabile (fate tacere Dakota Fanning!), questo plagio targato Asylum ha diviso i nostri cuori. Perchè ci sono alcune scene che sono, e vi prego di credermi, ben fatte. Certo, il film in sè è penoso, ma alcune piccole cose lo alzano decisamente da quella che poi sarebbe stata la media Asylum. Di più: il fatto di togliere spazio al personaggio del figlio\figlia è una genialata, in quanto non perdonerò mai a Spielberg quell’ora e mezza di gridolini isterici. Questi sono i lati positivi. Passiamo al resto: subito salta agli occhi la recitazione di Howell. Gli manca solo di latrare: pompa inutilmente tutte le scene emotivamente forti, e per il resto mantiene un’emiparesi facciale indegna di uno che aveva fornito una buona prova in The Hitcher. Lui, Rutger Hauer…quel film ha distrutto parecchie carriere. Ma non divaghiamo. Gli effetti speciali sono gli stessi di sempre, pacchiani e irrispettosi della prospettiva. La sceneggiatura è decisamente ridicola, con Howell che ad un certo punto si vanta di poter salvare il mondo, ma quando potrebbe dirlo ai militari salvando l’amico Kerry, si guarda bene dal farlo. Che poi, qualcuno saprebbe spiegare che gli succede a un certo punto ai marziani? Lo so, è un finale difficile da realizzare (anche Spielberg se l’è cavata in due minuti alla meno peggio), ma era proprio necessario costruire quegli alieni in nylon e fili di lana rossi che manco Ed Wood solo per mostrarli crepare?
Che dire: un film abbastanza noioso, cinematograficamente al di sopra della media ma pesante e spesso verboso (soprattutto per quanto riguarda i deliri del prete). La sua importanza è simbolica per il fatto che ha lanciato la Asylum, ma, insomma, ci si aspettava di meglio. Non il peggiore, comunque. Tremo al pensiero che ne esista un sequel!

Produzione: USA (2005)
Punto di forza: il sincero tentativo di fare qualcosa di decente. E la raccapricciante recitazione del protagonista.
Punto debole: se un film non è una trashata e non è un bel film, rimane un tentativo malinconicamente fallito.
Come trovarlo: indovinate un pò? Minerva Pictures!
Da guardare: per tutti gli appassionati di Asylum e di film dalla B alla Z in generale!

Un piccolo assaggio:  (ma solo io ho riso a vedere quei raggi scheletrizzanti così terribilmente anni ’50?)

Supercroc – Il grande predatore (alias Lethal alligator)

Anche i titolisti, però...

[Krocodylus1991 & Gatoroid]

Di: Scott Harper
Con: Cynthia Rose Hall, Matthew Blashaw, David Novak

Davvero appetitoso questo prodotto Asylum dell’annata 2007, diretto da Scott Harper e scritto da David Michael Latt in persona. Il fondatore della Asylum riprende il classico discorso “mostro gigante che minaccia la città”, per la verità senza introdurvi elementi di novità, ma instupidendo ulteriormente la sceneggiatura, che già pareva scritta abbastanza a caso. Gli elementi base dell’Asylum-pensiero ci sono tutti: mostro in CG patocchissima, soldati, minaccia alla città, intervento dell’esercito, loschi piani della scienziata, lieto fine, inevitabile colpo di scena nell’ultimo frame. Tutto già trito e ritrito, con l’aggiunta di spiegazioni scientifiche senza capo nè coda, tali da permettere ad un coccodrillo vecchio di milioni di anni di riemergere in seguito ad un terremoto e di seminare il terrore. Tutto da buttar via, quindi? Bè, no. Qualcosa di buono c’è. La Asylum ricicla le due locations che le sono care: il mezz’ettaro di querceto\pineta (a seconda delle esigenze di scena) e la stanzetta angusta. In quest’ultima l’effetto comico è dato dalla continua introduzione di nuovi personaggi, che per mancanza di budget sono obbligati ad interagire in pochissimi metri quadri, una buona metà dei quali è occupata da computer antidiluviani e apparecchiature inutili ma che fanno scena.
L’indubbio punto di forza del film è il comportamento di tutti, dal primo dei soldati al Presidente americano. Ricapitolando: il nemico è un coccodrillone di venti metri (che diventano cinque, o trenta, o sessanta a seconda delle inquadrature), dalla corazza resistentissima. Ora, io capisco che sia un mostro spaventoso e difficile da abbattere, ma stiamo parlando dell’esercito degli Stati Uniti: basterebbe una fucilata in un occhio, o in bocca, o qualche mina anticarro, oppure, come viene in mente alla protagonista dopo solo un’ora e venti, sarebbe sufficiente colpire il punto debole di tutti i rettili di quella specie: il ventre molle. Invece no: prima gli si mandano contro dei soldati dalla mira penosa, che servono soltanto a farsi smembrare dal ridicolo bestio. Poi, mentre Supercroc (che titolo del cazzo!) si dirige verso Los Angeles, sperimentano tutto l’esplosivo a loro disposizione, prendendo in considerazione anche l’ipotesi nucleare, un pò il topos per eccellenza di questo genere di film. Memorabile, in tal senso, la frase del generale: “approntate tutta la potenza di fuoco di cui disponiamo”, cioè dalle cerbottane alla bomba H? Si aggiunga che, nei primi trenta minuti, nessuno sembri rendersi conto dell’identità del nemico: nonostante una foto inequivocabile, il ritrovamento delle uova e la testimonianza dei militari, sono tutti lì a dire “che cosa sarà?”, e, alla frase “ho visto delle uova?” una comprimaria risponde con “di coccodrillo?”, lasciando intendere che potrebbero anche essere di gallina. Piacevole anche l’utilizzo di stock footage, coperti da patetici filtri giallo-verde per evitare chi si veda troppo la differenza.
Purtroppo questo non basta a trasformare un prodotto così scarso (budget di 200.000 dollari, ma sembrano meno) in una trashata coi fiocchi. La noia regna sovrana, e, pur con tutta la buona volontà, risulta difficile annoverarlo tra i capolavori Asylum. Anche perchè, salvo eccezioni, questi film sono tutti uguali, e solo virtuosismi di inettitudine tipo Mega python VS Gatoroid possono salvarli dall’oblio. Non perdetevi, comunque, la scena fenomenale in cui il soldato bravo e bello inciampa da fermo, piega le ginocchia in posizione innaturale, si rompe una gamba e riprende a camminare come niente fosse!

Produzione: USA (2007)
Punto di forza: la stupidità dei personaggi e l’arrivo del coccodrillone a Los Angeles.
Punto debole: la Asylum, dopo un pò, stufa. Specie quando insiste con i coccodrilloni!
Come trovarlo: la solita Minerva Pictures!
Da guardare: consiglio di ripiegare su Mega python VS Gatoroid

Un piccolo assaggio:  (già il trailer…)

Mega python VS Gatoroid

La Asylum non si smentisce mai!

[Krocodylus1991 & Jacob]

Di: Mary Lambert
Con: Tiffany, Debbie Gibson, A Martinez

Se c’è una cosa che odio, è quando una casa di produzione come la Asylum si mette in testa di fare film seri, tradendo le sue origini. Cioè, se io metto su un film che si intitola 2012 – Doomsday, mi aspetto il mondo che finisce, eruzioni, terremoti, tsunami, e non un pippone religioso peraltro abbastanza ambiguo. Ed è per questo che sono felicissimo di presentare Mega Python VS Gatoroid, uno di quei film che ti fanno esclamare: questa è la Asylum! Rispetto al precedente squalo-piovresco, questo prodotto guadagna molti punti, poichè la casa di produzione abbandona qualsiasi pretesa di verosimiglianza e plausibilità in favore di un horror demenziale totalmente sconclusionato. Nelle prime scene, vediamo una hippy ecologista rubare dei pitoni e liberarli in una palude. Nell’inseguimento, due poliziotti muoiono probabilmente schiacciati nella propria auto, ma di questo non frega niente a nessuno. Seguono venti minuti buoni di presentazione della vita cittadina: lo sceriffo è la mitica Tiffany, proprio la popstar degli anni ’80 già vista in Megapiranha, che deve pure tenere a bada una serie di cacciatori bifolchi, i quali godono nello sparare a qualunque cosa si muova (uno usa un M-16 tipo guerra del Vietnam), tipo serpenti, coccodrilli, anatre. I pitoni, diventati chissà perchè grandi quanto il 18 della GTT torinese, banchettano con alcuni dei pittoreschi caratteristi, tra cui l’insulso ex-futuro-sposo della sceriffa. Lei, per vendicarsi, che fa? Getta nel fiume anabolizzanti, steroidi e la classica “sostanza sperimentale” (avete presente le cure degli spam su Internet, tipo “aumenta la muscolatura in 4 giorni”? Ecco, quelle) perchè i coccodrilli, rinvigoriti, la vendichino pappandosi i serpenti. Ovviamente la cosa le sfugge di mano, come scopre la hippy ecologista, che tenta di convincerla a torte in faccia in una rissa senza fine tipo Essi vivono di Carpenter. Soltanto la comparsa dei bestioni, e il loro trasloco in una vicina città, le costringerà ad allearsi.
La presenza di Debbie Gibson e di Tiffany è un pò il marchio qualitativo di questo film: favolosa la sequenza dei mostri che si ingrandiscono, accompagnata da pezzi farlocchi e pacchiani delle due meteore. La CG che consente ai mostri poche, goffe movenze è incredibilmente approssimativa, tanto da arrivare a generare clamorosi errori di prospettiva e di dimensioni, fino all’apoteosi del serpente che si ingoia un TGV intero e al coccodrillo lungo duecento metri al supermercato, su cui campeggia la scritta “sconti mostruosi”. Tra l’altro, uno dei serpentoni addenta pure un dirigibile che pubblicizza la Asylum! La casa di produzione produce quasi un’autoparodia, in cui i toni ironici non mancano, ma questo giova alla scorrevolezza del film, che è senz’altro uno dei migliori di questa mai troppo amata congrega di pazzi. Vedere le due MILF combattere con i tacchi a spillo e un decoltè che ben poco lascia all’immaginazione non ha prezzo: in questo senso, la scena migliore è senz’altro quella, al party di beneficenza, in cui qualcuno grida “chiunque ha un’arma la usi”. Senza battere ciglio, tutti i presenti estraggono pistole, UZI, AK-47, bombe molotov e iniziano la mattanza in una sequenza degna di Scary Movie. L’unico difetto (ma nel complesso è persino comprensibile) è la sistematica ed imbarazzante stupidità dei personaggi: a parte la discutibile idea di “vendetta” di Tiffany, quest’ultima si rende protagonista di un gesto scellerato quando rifiuta di annullare la serata di beneficenza nonostante l’emergenza, poichè “è da un anno che ci prepariamo”. Della serie: prima il party, poi penseremo a salvare la pelle. Segnaliamo, a concludere la recensione di questa chicca, un doppiaggio italiano indegno, pieno di riempitivi inutili e di momenti in cui i personaggi muovono le labbra a vuoto, oppure stanno zitti mentre la voce continua a parlare. Bentornata, Asylum!

Produzione: USA (2011)
Punto di forza: per una volta, ai mostri in CG è lasciato ampio spazio, cosa che non succedeva nei precedenti film “versus”.
Punto debole: sarebbe stato meglio non inserire certe parentesi volontariamente comiche, che in parte ne annullano la potenza di Z-movie.
Come trovarlo: la Minerva Pictures (sempre sia lodata!) distribuisce i film della Asylum in italiano!
Da guardare: è il classico film per tutti. Viste le generose scene splatter, potrebbe essere l’ideale per una serata horror.

Un piccolo assaggio:  (ecco l’attacco alla città: occhio al dirigibile Asylum!)

30.000 Leagues Under The Sea (30.000 Leghe Sotto I Mari)

Pensate cos'avrebbero fatto con I Promessi Sposi!

Di: Gabriel Bologna
Con: Lorenzo Lamas, Sean Lawlor, Natalie Stone

Maledetti bastardi! Abbiamo riso, abbiamo scherzato. Ma Jules Verne e il Nautilus no! 20.000 leghe sotto i mari è uno dei miei libri preferiti. La Asylum, dopo aver saccheggiato in lungo e in largo la cinematografia americana, colpisce al cuore il mondo culturale la letteratura andando a massacrare l’inarrivabile romanzo di Verne. C’è davvero molto da dire su tutto ciò, e una normale recensione risulterebbe troppo confusa. Pertanto, esaminiamo uno per uno i motivi per cui questa robaccia rappresenta il più alto livello di masochismo cinematografico possibile:

1) Il titolo. Le ventimila leghe originarie (circa centomila chilometri) altro non sono che la distanza percorsa dai protagonisti a bordo del Nautilus. Qui, il sottomarino resta praticamente sempre fermo; pertanto, il titolo non significa nulla. E’ una di quelle operazioni commerciali puerili ed esilaranti, utilizzate giusto per attirare i curiosi e poi massacrarli a suon di cazzate. Un esempio simile è dato, ironicamente, da Leo Ortolani, che in Rat-Man trasformava Quella sporca dozzina in Quel sudicio centinaio. Il concetto è quello.

2) Aronnaux. Nel libro, è un professore esperto di vita sottomarina, un uomo fragile, curioso, con uno sconfinato interesse per la scienza. Affascinato dal Capitano Nemo, è un pò l’antitesi del fiociniere Ned Land, aggressivo e bellicoso. Chi hanno scelto alla Asylum per interpretarlo? Lorenzo Lamas! L’eroe di Renegade si trova perfettamente a proprio agio in un ruolo cucito su misura per lui: il suo Aronnaux, qui un tenente-scienziato o quel che è, è un burino monoespressivo ed esaltato (assolutamente poco credibile la scena in cui picchia a suon di arti marziali gli sgherri di Nemo).

3) Conseil. Nel libro era il servitore di Aronnaux. Qui, in perfetto stile Asylum, è la sua ex-moglie! Come in tutti i film della casa di produzione, la tipa ha ovviamente l’età per essere la figlia del bolso Lamas, e, dopo averci litigato per un’ora e venti, non troverà di meglio da fare che baciarlo appassionatamente. Al contrario del protagonista, l’attrice Natalie Stone alterna ben due espressioni: la “odio Lorenzo Lamas e cerco di farmi detestare dagli spettatori” e la “amo Lorenzo Lamas e cerco di apparire fragile e indifesa facendo lo sguardo languido e mostrando i labbroni”. Recitazione imbarazzante.

4) Nemo. Il grandioso Capitano è forse il personaggio più complesso e affascinante dell’intera letteratura fantascientifica mondiale. Difatti, l’attore prescelto per interpretarlo è il buon Sean Lawlor, che già si era fatto onore a teatro (pace all’anima sua, essendo morto nel 2009). Peccato che gli sia stata cucita addosso una delle trame più ridicole mai scritte: il sito della Asylum, che lo descrive come un “carismatico sociopatico”, avrebbe dovuto suonare come un campanello d’allarme per me. Lawlor ce la mette davvero tutta, ma il suo personaggio, un folle vestito come uno sbirro californiano dalle ambizioni poco chiare, non è altro che la fotocopia di tutti i cattivi tipici della Asylum.

5) La trama. Questo punto è forse il più interessante. Nonostante la chiarezza sia cosa rara in questa sceneggiatura, la storiella è abbastanza originale, e poteva trasformarsi in un qualsiasi filmaccio Asylum. Ma perchè scomodare Verne e il Capitano Nemo? Non c’è davvero nulla in comune: questa roba è infatti ambientata nel presente, è girata come un film d’azione, i riferimenti filosofico-politici originari sono scomparsi, il fascino dell’oceano inesistente, la psicologia dei personaggi tagliata con la mannaia. In pratica, Nemo imprigiona Lamas solo per rubargli l’Oxygenator, un inutile macchinario che permette di respirare sott’acqua (e che non vedremo mai in azione per tutto il film!), e nel finale, che è totalmente diverso da quello del libro, l’invincibile Lamas fa saltare il Nautilus (che è lungo tipo cinque chilometri!) e se ne torna a casa con la bella, salvando pure l’equipaggio del sommergibile affondato all’inizio.

Tutto qui? Il lato logico-culturale è dunque il solo punto debole di questo film? Certo che no! La Asylum è la Asylum, ed ecco quindi che assistiamo ai soliti mezzi che abbiamo imparato a conoscere: immagini di repertorio del National Geographic in apertura, scene riciclate, misurazioni subacquee totalmente inverosimili e campate in aria. E che dire degli effetti speciali? L’oceano è una parete grigia informe e priva di vita (non ho visto un solo pesce in tutto il film!), le patetiche piovre meccaniche del Capitano sono scattose nonostante la CG e gli interni del Nautilus sono gli stessi di Transmorphers, con la solita aggiunta di frizzi, lazzi, macchinari e cavi privi di una reale funzione; lo spettatore non potrà soffocare le risate quando si accorgerà che Nemo, in un Nautilus grande quanto un paese di medie dimensioni, passeggia sempre negli stessi venti metri di sottomarino, in modo che Lamas possa ascoltarne le malefiche trame. Assolutamente improponibile il modo in cui lo sconosciuto Gabriel Bologna umilia il Capitano, mostrandoci la discoteca (!) che costui ha costruito a bordo del Nautilus, con tanto di alcool a fiumi e puttanoni in evidenza.
Insomma, si tratta di una vera e propria presa in giro. Io consiglio comunque di vederlo, per capire fin dove può arrivare l’oltraggio targato Asylum. Chissà quante saranno le leghe nell’eventuale sequel.

Produzione: USA (2007)
Punto di forza: c’è la possibilità che qualcuno, vedendolo, si incuriosisca e vada a cercare i capolavori di Verne. Ve li consiglio.
Punto debole: non c’è della vera azione, e il pressapochismo della sceneggiatura lo rende un tantino noioso.
Come trovarlo: si trova in lingua originale. Non è stato tradotto.
Da guardare: tenetelo lontano dai fans di Jules Verne. Non fategli del male.

Un piccolo assaggio: http://www.youtube.com/watch?v=ToXNFP9F-2Y (avete già capito che roba è, scommetto)

Sir Arthur Conan Doyle’s Sherlock Holmes

Che c'azzecca un tirannosauro con Sherlock Holmes?

Di: Rachel Lee Goldenberg
Con: Gareth David-Lloyd, Ben Syder, Dominic Keating

Giù il cappello, signore e signori. Giù il cappello e massimo rispetto, perchè soltanto una mente diabolicamente superiore può pensare di mette nello stesso film Sherlock Holmes, un tirannosauro e Iron-Man. Non ci credete? E allora guardatevi questo film, i cui produttori non si sono neppure sforzati di cambiarne il nome per conservare un briciolo di dignità. E pensare che non c’è quasi nulla in comune tra le due opere, se si esclude l’ingombrante titolo. Qui si comincia con un bel bombardamento tedesco su Londra nel 1940. L’esplosione atomica provocata da una normale bomba promette bene, e anche il resto non delude! Il vecchio Watson detta a una giovane assistente le sue memorie. Queste iniziano con una nave che viene aggredita da un’immensa piovra. No, non ho sbagliato film: l’unico sopravvissuto è interrogato da Holmes, Watson e da un ispettore, che recitano come ragazzini alle medie la parte degli inglesi stereotipati, parlando come libri stampati e assumendo atteggiamenti che più arroganti non si può. In breve, si scopre che esiste un piano per distruggere Londra e uccidere nientemeno che la regina, tramite un tirannosauro, la piovra di cui si parlava, un drago e una fanciulla; sono ovviamente quattro sofisticati robot. Chi è l’autore? Parafrasando un vecchio film comico, diremo che è il fratello più stronzo di Sherlock Holmes, che vuole vendicarsi dell’Inghilterra, rea di averlo abbandonato dopo il suo eroico sacrificio di poliziotto. Per farlo, costruisce pure una bella tutina meccanica simile (pure nella colorazione!) a quella di Iron-Man. Come finirà?
La trama è quanto di più delirante e improbabile si possa pensare, ma non è tutto: il vero punto forte sono i personaggi, in particolar modo Holmes, il cui intuito gli permette di individuare le cause della morte di un uomo (per una qualche malattia sconosciuta) soltanto annusando l’aria intorno al corpo, oppure di scovare un castello sperduto nella campagna inglese grazie ad un sassolino trovato su un cadavere bruciato. Ovviamente, Watson deve fare da contraltare a una simile forza della natura: tonto, suscettibile e sfigato con le donne, il prode assistente non protesterà neppure quando lo scellerato detective gli farà rischiare la vita su una rupe altissima (da cui lo cala con una corda vecchia e logora) solo perchè non ha voglia di fare il giro via mare. A un certo punto, poi, i due vanno a passeggiare in un parco di Londra, che si trasforma ben presto in una foltissima foresta pluviale. Scappando dal tirannosauro, si fermano e Watson dice “aspettate un momento!”. Dopodichè, corre senza una meta in mezzo alla boscaglia fino a giungere ad un casolare abbandonato dove non trova assolutamente niente!
Passiamo ora al protagonista assoluto della pellicola, sia per quanto riguarda la recitazione che per i numerosi punti trash da lui portati a questa macchia sulla carriera di Conan Doyle: il tirannosauro. Costui è un essere un pò particolare, in quanto le sue dimensioni cambiano visibilmente a seconda dell’inquadratura. Ciò che però sorprende di più è la sua incredibile capacità di combattimento: come il miglior ninja, il diabolico t-rex entra nelle abitazioni senza fare il minimo rumore, può camminare sulle punte (mitica la scena nel vicolo con la prostituta! Pare Jack lo squartatore!) e, soprattutto, riesce a nascondersi dietro sottilissimi scaffali per poi colpire all’improvviso. Insomma, forse non il miglior Asylum, ma di sicuro uno dei più assurdi e azzeccati!

Produzione: USA (2010)
Punto di forza: per scrivere una sceneggiatura così bisogna essere dei fottuti geni!
Punto debole: nel finale, la pellicola perde qualche colpo.
Come trovarlo: esiste in italiano! Gioia e tripudio!
Da guardare: non solo per Asylum fans.

Un piccolo assaggio: http://www.youtube.com/watch?v=mFEG6FKR4fc (notate l’insopportabile atteggiamento da secchione di Holmes!)